Il primo passo per promuovere i diritti delle donne è comprendere che siamo tutt* chiamat* a fare la nostra parte affinché si possa parlare di società inclusiva, dal linguaggio che utilizziamo nel quotidiano, sia esso privato o pubblico, agli atteggiamenti e ai comportamenti che agiamo quando siamo inseriti in un gruppo, di qualsiasi natura esso sia.
Per contrastare la violenza maschile agita sulle donne, neanche a dirlo, è fondamentale coinvolgere nel dibattito gli uomini, perché, non lo ripeteremo mai abbastanza, la violenza di genere non è un problema che si potrà mai risolvere continuando a dialogare solo ed esclusivamente con le donne.
Per comprendere di cosa parliamo quando nominiamo la violenza di genere negli incontri di formazione con le persone adulte, descrivere nei minimi dettagli le violenze di tipo fisiche, sessuali, psicologiche, economiche, persecutorie, agite dagli uomini nei confronti delle donne, è una fase che può generare emozioni, ma è necessaria.
Toglie sempre il fiato addentrarsi in questo fenomeno e, nonostante ce ne occupiamo quotidianamente, di fronte alle statistiche di femminicidi e ai reati di violenza è difficile nascondere il proprio sconcerto.
Fra le attività di sensibilizzazione che svolgiamo con le persone adulte e quelle realizzate con le classi c’è un’enorme differenza, di età indubbiamente, ma non solo. A cambiare è il ruolo di chi potrebbe avere vissuto la violenza fra le persone che abbiamo di fronte.
In questi incontri, infatti, capita spesso che tra chi ascolta ci siano due categorie di persone: coloro che hanno vissuto sulla propria pelle la violenza e coloro che l’hanno vista o sentita, in veste di figli e figlie.
Siamo di fronte a vittime di violenza maschile a tutti gli effetti o, secondo una prospettiva orientata a scardinarne la posizione passiva e volta alla promozione dell’agency individuale, possiamo definirle sopravvissute, perché in entrambe le situazioni si cerca di tornare alla propria vita e alla crescita, nonostante tutto.
Si cerca di ritrovare un poco alla volta sicurezza e autostima, ci si affanna a ristabilire un equilibrio psicologico, ma anche materiale, come una casa tutta per sé e un lavoro; si cerca di ritrovare concentrazione nello studio, di non abbandonare la scuola, di ritrovare fiducia nel genere umano e di guardare alle relazioni affettive in modo costruttivo.
Si sopravvive sì, ma in fondo in fondo si muore sempre un po’ dentro.
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