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DISABILITÀ E GENERE: UNA DOPPIA INVISIBILITÀ




In Italia le persone con una o più forme di disabilità sono circa 3 milioni e 100 mila, il 5,2% della popolazione complessiva, di cui il 60% è donna (Istat, 2019).

Il dato è calcolato sulla base di una stima che prende a riferimento il Gali (Global Activities Limitations Indicator), l’indicatore utilizzato su scala europea che rileva, a partire dall’autovalutazione dell’intervistat*, il livello di limitazione nelle attività che le persone usualmente svolgono, sia esso derivante da un problema fisico, mentale o emotivo, in corso.


Si tratta di una stima che, prendendo in esame esclusivamente la popolazione disabile che vive in famiglia, non può certo essere considerata esaustiva. Se si prova ad approfondire il tema della disabilità secondo una prospettiva di genere, ci si renderà conto di quanto sia ancora lacunosa la conoscenza del fenomeno, determinata in parte dalla sua complessità e multidimensionalità e dalla conseguente, oltre che persistente, difficoltà di darne conto statisticamente.


Per predisporre policies in grado di implementare diritti e bisogni specifici è più che mai indispensabile armonizzare le rilevazioni statistiche della popolazione con disabilità adottando, cioè, definizioni e indicatori comparabili non solo a livello nazionale, ma anche europeo e internazionale.


A questo proposito, è interessante notare come l’evoluzione nell’analisi statistica di un fenomeno si affianchi all’evoluzione culturale e normativa dello stesso.


Negli ultimi quarant’anni le lenti attraverso le quali si è interpretata la disabilità sono mutate e con esse anche la sensibilità collettiva.


L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è passata da una concezione di disabilità come attributo, figlia della classificazione ICIDH (International Classification of Impairments Disabilities and Handicaps) risalente al 1980, alla prospettiva più recente dell’ ICF (International Classification of Functioning) che guarda alla disabilità come ad una condizione, nello specifico come:


“la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui vive l’individuo” (ICF, WHO 2001).


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