Il 6 novembre ricorre la Giornata internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in situazioni di guerra e conflitto armato, istituita dalle Nazioni Unite nel 2001.
L’ambiente e le risorse naturali sono beni preziosi, funzionali all’esistenza stessa dell’intera umanità, che rivestono un ruolo chiave nei contesti vulnerabili. Il controllo per le risorse naturali rappresenta un fattore scatenante per guerre e conflitti che inevitabilmente acuiscono iniquità all’interno della popolazione, in particolare nell’accesso e distribuzione dell’acqua, colpendone le fasce più deboli.
Il Report Women and Natural Resources. Unlocking the Peacebuilding Potential (2013) analizza la relazione esistente fra genere e risorse naturali in contesti di conflitto armato mettendo in luce come la gestione di queste risorse possa contribuire al coinvolgimento e alla promozione dell’empowerment delle donne nei processi di pace. Non solo, il coinvolgimento delle donne, un punto di riferimento cruciale per la sussistenza famigliare, sarebbe un passo fondamentale per implementare un loro ruolo attivo nei processi decisionali nella governance locale.
Fra i vari casi di studio presi in esame dalla ricerca, la situazione nell’area di West Bank, Cisgiordania, è particolarmente delicata. Si tratta di un territorio occupato militarmente da Israele da decenni, già duramente provato dalle misure di occupazione. Le conseguenze nella vita delle famiglie palestinesi sono disastrose: impossibilità di accesso alla rete idrica per circa 200.000 persone, limitata possibilità di movimento e di circolazione delle merci, limitato accesso alle risorse naturali.
Le donne palestinesi della West Bank sono coloro che detengono conoscenza e competenze per una gestione efficiente delle risorse idriche per l’approvvigionamento domestico, in particolare in condizioni di scarsità e di siccità.
Così come avviene in altri contesti rurali, le donne anche qui rappresentano un potenziale straordinario per l’intera collettività, sebbene continuino a rimanere fuori dalle stanze del potere. La loro inclusione nei processi decisionali per la gestione delle risorse è ostacolata dalla situazione politica complessiva fra la Palestina e Israele e dal controllo delle infrastrutture idriche da parte delle milizie israeliane.
Nonostante ogni contesto geo-politico sia differente, il ruolo che le donne potrebbero avere nella gestione delle risorse naturali in aree interessate da conflitti e guerre è significativo. I benefici che ne deriverebbero andrebbero, inoltre, in contro agli obiettivi internazionali dell’Agenda 2030, riducendo la discriminazione di genere nella società, contrastando la fame e la povertà, garantendo l’accesso all'acqua potabile, sostenendo un processo di sviluppo economico sostenibile in grado di prevenire la nascita di nuovi conflitti nel mondo.
link di approfondimento: https://www.un.org/en/observances/environment-in-war-protection-day
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