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LA CULTURA PATRIARCALE SI CONTRASTA IN FAMIGLIA E A SCUOLA



Lo scorso 25 novembre sono stata ospite di un evento online organizzato da Fund for SAFE e Informagiovani della Città di Torino per affrontare il tema della violenza di genere e degli stereotipi culturali presenti nella nostra società. Sono state due ore intense che, in compagnia delle altre relatrici Stefania Doglioli, Natascia De Matteis (Fund for Safe) e Daniela Vassallo (Educare alle Differenze), anch’esse impegnate sul territorio nella prevenzione della violenza di genere, abbiamo dedicato a numerosi spunti di riflessione, fra cui il ruolo degli stereotipi di genere nella cultura, nella comunicazione e nell’educazione.


Uno degli ambiti che accomuna le azioni portate avanti da tutte noi è la scuola, luogo privilegiato per l’apprendimento e lo sviluppo, non solo cognitivo, ma anche emotivo e relazionale ed è qui che ha più senso per noi parlare di prevenzione della violenza di genere.

Sono le giovani generazioni di ragazze e ragazzi che avranno in mano il mondo di domani ed è da qui che riteniamo sia fondamentale incominciare a mettere in discussione il senso comune legato al genere femminile e maschile.


Si tratta di decostruire nozioni e credenze stereotipate del senso che la cultura e la società attribuiscono all’essere maschio e femmina. A primo impatto concetti quali "cultura" e "società" possono apparire entità astratte, altre rispetto a noi, ma non è così.


Concorrono a formare una società le persone individuali e i gruppi di persone, le istituzioni necessarie a regolare, con norme scritte e non scritte, la vita quotidiana e con essa le relazioni interpersonali che tutt* noi coltiviamo. Tra i fondamentali prodotti della società vi è la cultura, o meglio le sue culture, la cui produzione di massa si può ricondurre ad editoria, televisione, cinema, pubblicità, arti performative e grafiche e linguaggio.


La cultura di una società non è un monolite, bensì è una costellazione di manufatti, tangibili e non, di pratiche e credenze mutevoli nel tempo che, se contestualizzati in un determinato periodo storico, possono descrivere le motivazioni economiche e politiche che ne hanno delineato il carattere.

Quella che viene spesso chiamata in causa nel dibattito sulla violenza contro le donne, responsabile di formentare convinzioni e comportamenti lesivi dei diritti delle donne, è la cultura patriarcale. Un sistema organico di leggi, disposizioni, regole e costumi che affonda le sue radici in un sistema sociale incentrato sulla figura del "padre", intesa nella concezione di capo famiglia, ma anche nella sua accezione estensiva di capo di una comunità.


Il patriarcato altro non è che il lascito delle società passate, governate e regolate da uomini, che arbitrariamente hanno definito quali fossero i ruoli che uomini e donne dovessero ricoprire nella vita pubblica e privata, al fine di tutelare le ricchezze e i privilegi dei primi, assicurando loro la sudditanza delle seconde, sempre e comunque.


Interessi legati al potere economico e politico sono stati goffamente mascherati da ragioni pseudo-scientifiche e oggettivamente (in)giuste a giustificazione dell’esclusione delle donne in ogni campo, rappresentando, nella migliore delle ipotesi, un bacino di vere e proprie calunnie nei confronti delle nostre antenate che, nonostante tutto, hanno saputo far emergere le loro intelligenze e capacità.


Ancora oggi c’è chi adduce ragioni di tipo biologico all’impossibilità di fare determinate cose o alla necessità, sempre per ragioni di tipo innato e biologico, di farne altre, continuando a fomentare quell’assurda opera millenaria che è il patriarcato.


Spostando il focus del discorso alla presenza della cultura patriarcale e degli stereotipi di genere nelle nostre vite, basti pensare all'evento della nascita di una bambina o un bambino e alle azioni che le persone adulte mettono in atto sin dal principio. Qui entra in gioco la società, con le sue istituzioni principali, le agenzie di socializzazione della famiglia e della scuola, incaricate di educare e di fornire gli strumenti necessari alla crescita.


Gli esempi di stereotipi di genere nell’educazione sono ancora molti, a partire dal colore che convenzionalmente si attribuisce a un sesso (azzurro) o all’altro (rosa), dal giocattolo che culturalmente si ritiene appropriato per un maschio (macchina, camion, set di giochi da chimico, biologo) e per una femmina (bambola, cucina, casa delle bambole, passeggino, asse da stiro), fino ad arrivare ai rinforzi verbali che diamo più o meno volontariamente per incoraggiare bambini e bambine a comportarsi in base a presunti modelli maschili e femminili. Ecco che la strada per la trasmissione di ruoli di genere stereotipati è già bella che spianata.



Se l’infanzia è segnata da stimoli e opportunità che lasciano poco spazio alla libera espressione di sé e all’esplorazione del mondo priva di filtri di genere, l’adolescenza vedrà tali limitazioni concretizzarsi negli studi, nello sport, nelle passioni, nelle ambizioni future e nelle relazioni affettive.

Salvo intraprendere un percorso di profonda analisi in grado di smantellare tali assunti, ci si ritrova ad essere adult* intrappolat* nelle gabbie che abbiamo contribuito a costruire, condannando all’infelicità, alla sofferenza e alla frustrazione le donne e gli uomini del futuro.


Rispetto alle generazioni passate, l’attenzione che oggi viene dedicata agli stili educativi è fortunatamente cresciuta, in modo particolare per quanto riguarda l’ascolto dei bisogni di bambine e bambini. Sebbene negli ultimi anni si stia diffondendo la consapevolezza della necessità di una cultura educativa libera da retaggi discriminatori, rimane ancora molto da fare nel contrasto alla misoginia.


Anche se non produrremo mai un film né scriveremo mai un libro, il nostro quotidiano e le nostre scelte più piccole hanno un peso da non trascurare nella produzione e riproduzione di stereotipi culturali.

L’esempio pratico delle persone adulte di riferimento detiene un ruolo chiave nella trasmissione generazionale sia di valori che di norme socialmente desiderabili.


Ciò che avviene all’interno delle mura domestiche, nella relazione di coppia e nella divisione dei ruoli all’interno del nucleo famigliare, costituisce la prima forma di società con la quale entrano in contatto bambine e bambini.


Il modo in cui le giovani generazioni costruiranno le loro vite e le relazioni affettive molto dipenderà da quali modelli di riferimento appresi e da come sapranno gestire emozioni e criticità nei rapporti sentimentali, compreso il rifiuto.


Più sapremo essere coerenti nel pensiero e nelle azioni quotidiane, dentro e fuori casa, tanto più sapremo accompagnare le prossime generazioni a costruire relazioni più eque e sostenibili per l'intera società.




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