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L’ AMORE (NON) É CIECO




La condivisione della propria vita affettiva con un’altra persona è, possiamo dire, da sempre una questione di non poco conto. Nei secoli i legami di coppia hanno subito notevoli cambiamenti di valore, significato e persino di riconoscimento giuridico.


Generalmente istituiti attraverso il matrimonio, nel corso dei secoli i legami di coppia sono stati oggetto di trattative e strategie economiche (una vera e propria compravendita) fino alla nascita dell'amore romantico.


Seppur ancora molto ci sarebbe da fare, con la liberalizzazione dei sentimenti, della sessualità e delle scelte in campo affettivo, rivendicate grazie alle lotte femministe, l’unione con un’altra persona è generalmente guidata da quel sentimento disinteressato chiamato “amore”.


Ma se così è, se davvero siamo libere di scegliere chi vogliamo al nostro fianco, perché sentiamo ancora parlare di partner sbagliati, uomini che prendono le redini delle vite delle loro compagne condizionandone le menti, i corpi, i desideri, ma anche il loro presente e futuro?


Se le donne sono libere di amare chi meglio credono, perché non passa giorno in cui non ci sia l’ennesima storia di cronaca nera in cui un uomo uccide la propria compagna?

Superate le ragioni di ordine economico del passato o le imposizioni famigliari nella scelta del giusto sposo, come si spiegano i rapporti in cui le donne sono ancora sottomesse, prive di libertà psicologica, economica e fisica?


Chi non conosce questi fenomeni spesso si chiede cosa impedisca alle donne di voltare pagina, quasi ad insinuare una loro colpevolezza nel mantenere in piedi una simile situazione.


I fattori che intervengono in queste dinamiche, chiamate spirali della violenza, sono molti e complessi, sotto il profilo di vista psicologico ma non solo. Condizioni di vulnerabilità, sia economica che psicologica, minano fortemente la possibilità di rifarsi una vita ricominciando da zero. Senza tralasciare le possibili minacce di morte o di vendetta da parte dell’uomo che non accetta la possibilità di lasciare andare la sua preda, perché di questo si tratta.


Che la retorica dell’ “uomo-cacciatore” persista ne abbiamo riscontro quotidianamente. Al pari della selvaggina, ancora oggi sulle donne si vanta un diritto di proprietà in base al quale esercitare ogni tipo di potere, anche di vita e di morte. La violenza degli uomini sulle donne ha origine in questo magma fatto di ruoli di genere, aspettative sociali e tradizioni culturali in cui la religione ha avuto sicuramente un ruolo determinante.


“L’amore è cieco”, si dice, “al cuore non si comanda”, eppure noi donne dobbiamo poter essere in grado di riconoscere in tempo comportamenti pericolosi e far sì che l’amore non sia più cieco, ma scelto con cognizione e saggezza. Dovremmo essere educate fin da piccole, maschi in primis, a cosa è o non è l’amore, questo sì che sarebbe un passo fondamentale per la prevenzione della violenza di genere.


Innanzitutto dovremmo sdoganare una buona volta l’equazione gelosia=amore. La gelosia, lungi dall'essere prerogativa degli uomini, è certamente un retaggio culturale del maschilismo che per secoli ha visto la donna come oggetto di proprietà maschile su cui vantare il diritto di disporne come meglio si voleva.


La gelosia di un partner è il preludio al controllo delle azioni e dei pensieri: dal make-up all’abbigliamento, dalle chat sul telefono al tempo libero, fino ai rapporti di lavoro o a quelli famigliari. Questo meccanismo perverso, che molto spesso porta all’isolamento della donna e si configura come una violenza psicologica vera e propria, lo si ritrova nei tanti casi di violenza di genere e di femminicidi.


La peggior trappola in sui si possa cadere è pensare che questi atteggiamenti possessivi, che sfociano in manipolazione psicologica, aggressività verbale e fisica, possano con il tempo passare. A meno che la persona in questione non faccia un percorso personale di consapevolezza e di superamento della sua condizione, scommettere che la violenza, di qualsiasi tipo essa sia, possa cessare è un azzardo vero e proprio, un rischio reale che si corre sulla propria pelle.


La violenza domestica è un inferno dal quale si esce solamente cercando di porre fine alla relazione, con tutte le difficoltà che ne derivano.

Il cammino verso la totale riappropriazione della propria vita è tutto tranne che una passeggiata. Lo sanno bene le donne dei Centri Antiviolenza (CAV) che da decenni, prima ancora che ottenessero un riconoscimento da parte dello Stato, continuano la loro indispensabile e preziosa azione nell’accoglienza delle donne che hanno subito violenza.


Una buona dose di razionalità in amore serve eccome per proteggere noi donne, ed eventualmente le/i nostri figlie/i, dai fenomeni di violenza.

Non bisogna dimenticare che partner violenti nuocciono non soltanto alle loro compagne, ma anche al benessere psico-fisico delle/i minori coinvolte/i. La violenza assistita infatti, quel fenomeno in cui figli e figlie assistono ad atti di violenza agita dal padre sulla propria madre, condizionerà per sempre la loro vita innescando un pericoloso circolo vizioso.


Avere vissuto episodi simili rappresenta una grave minaccia le cui conseguenze si possono riflettere nella sfera emotiva, nelle relazioni sociali, nell’apprendimento e nel rendimento scolastico.


Questo fenomeno mette inoltre a repentaglio le future scelte sentimentali e l'equilibrio emotivo all’interno della coppia. La mancata elaborazione di questi episodi può rappresentare per il/la minore un forte fattore predittivo nell’identificazione con una delle due figure genitoriali, il maltrattante o la vittima. La violenza viene normalizzata e interiorizzata assumendo la connotazione di uno schema comportamentale che rischia di venire replicato, anche inconsapevolmente, nelle relazioni di coppia.


In definitiva scegliere il proprio partner non è soltanto una questione di cuore, la parte più istintiva del nostro io, che spesso si confonde con la sola attrazione fisica. Rispetto, fiducia, stima e supporto reciproci dovrebbero essere alcuni degli ingredienti fondamentali alla base di una relazione sana che si possa ragionevolmente definire vero amore.



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